Dietro

01/13/24

Barbara Rachetti per #noiciamiamo: donne, sognate in grande e prendetevi tutto!


Inauguro l'anno 2024 con un'intervista cui tengo molto, rilasciata da una collega che, come potrete notare pure dalle foto allegate, è da annoverare di certo tra le donne che, ogni singolo giorno, combattono al fianco e per le donne.

Insomma una di quelle che possono gridare, insieme a noi, #noiciamiamo. Specie dopo aver messo a nudo la sua anima di #sirenaditerra.

Si chiama Barbara Rachetti, giornalista con all'attivo( tanto per citare qualcuno dei suoi titoli) un master in Disability Managment e alcuni premi letterari e giornalistici, è mamma e si occupa di società in senso lato: diritti, disabilità, salute, violenza sulle donne per Donna Moderna e donnamoderna.com.

Da non dimenticare: è pure istruttrice di Parkinson Postural Walking e membro del direttivo dell’associazione per le pari opportunità ArcoDonna.

E ha accettato di raccontarsi con noi, dopo averlo fatto con un toccante podcast su donnamoderna.com.

F.F. :Che significa, per te, essere donna?

B.R.: Aggiungerei un “oggi”: essere donna oggi vuol dire raccogliere l’eredità dell’unica vera rivoluzione del secolo scorso, il femminismo, che ci ha consentito di scalfire il soffitto di cristallo consegnandoci due donne leader: la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del PD Ellie Schlein. Ma, preso atto delle conquiste e dei traguardi raggiunti, che differenza può fare l’essere donna? La domanda è legittima perché mai come ora è messa in discussione proprio la parola “donna”, rimpiazzata da persona, cancellata da shwa e asterischi, in un tentativo di neutralizzarla sostituendo il genere al sesso. Ma allora, che cosa ne facciamo dei nostri corpi caratterizzati fin dalla nascita da differenze biologiche come l’utero, la vagina, le ovaie, gli ormoni? Può tutto questo essere ridotto a un incidente fisico, un’opinione, un fastidio modificabile secondo l’umore della giornata o del periodo della vita? Pensiamo davvero che, cancellate le differenze, saremo più libere? E poi, libere di fare cosa? Di replicare gli errori degli uomini? Il lavoro politico del femminismo ha dato la consapevolezza della differenza, non dell’appiattimento su un sistema classista, violento e fallimentare. Da bambina mi piaceva giocare con le macchinine, arrampicarmi sugli alberi, correre in bicicletta: cose “da maschi”. Se qualcuno da adolescente mi avesse diagnosticato una disforia di genere e mi avesse sottoposto a terapia ormonale e/o chirurgica, mi avrebbe rovinato la vita e tolto molte esperienze, fra cui quella erotica da femmina e la maternità che, per carità, non fa di una donna una donna, ma è pur sempre una possibilità. Con il tempo ho capito che potevo essere e avere tutto, la libertà di scelta e i tacchi alti, un lavoro e il rossetto, l’indipendenza economica e un figlio, i fidanzati e una casa tutta per me, le mie opinioni e la mia differenza, potevo cambiare, esplorare, combattere, piangere, accogliere, ridere e odiare la guerra. Questo, per me, è essere donna, ed è una grande, grandissima cosa.

F.F. Tre parole per incoraggiare le donne " moderne":

B.R. :Eccoti tre bei claim per incoraggiare le donne:

-Nessun mestiere vi è precluso: osate!

-occorre AGIRE per RIUSCIRE.

-Sognate in grande e prendetevi TUTTO.

F.F.: Da donna - giornalista hai avuto modo di raccontare la tua esperienza nel podcast Chi ti ama non ti fa male: cosa cambieresti e su cosa insisteresti.

B.R.: Se potessi, farei solo podcast e racconterei solo storie, perché le storie sono il modo più bello per esplorare e conoscere la realtà. E io ho scoperto nel podcast uno strumento straordinario. Certo, non sapevo come sarebbe stata accolto, in fondo - mi dicevo - era il primo che facevo, e sarebbe presto annegato in un mare di altri podcast, molti dei quali davvero eccellenti e di grandi firme. Comunque l’ho pensato a ferragosto del 2023, spiaccicata sul divano. Mi piaceva l’idea di poter consegnare alle altre donne la mia storia di manipolazione e maltrattamento, psicologico e fisico, di quando avevo 20 anni. Poi però ho pensato che alcune persone avrebbero potuto leggere questo mio mettermi in mostra come un’ansia di protagonismo, la ricerca dell’ennesima vetrina. Ho corso il rischio. Dopo vari tentennamenti, ho scritto di getto 12mila battute e mi sono registrata in un lungo vocale. E così, dopo, ascoltandolo, ho capito che se per me era semplicemente la mia storia, un pezzo della mia vita, per altre persone avrebbe potuto rappresentare invece una storia simbolica, universale, una vicenda con dentro situazioni, segnali, eventi molto tipici, quasi quasi uguali alla storia che magari stavano vivendo e da cui non riuscivano a fuggire. Per me è stato catartico: dare forma a questo mostro interiore che mi porto dietro da 30 anni è stato liberatorio. E per tante donne che mi hanno scritto, posso dire con certezza che ha rappresentato una miccia, una piccola luce nel buio della loro relazione di maltrattamento. Cosa cambierei? Farei una psicoterapia per capire perché sono finita anche io in una storia di violenza, e poi farei un podcast per raccontare i tanti strumenti che oggi abbiamo per proteggerci: la terapia, i centri anti violenza, le associazioni. Insisterei ancora di più proprio sulla consapevolezza, che si raggiunge attraverso l’autostima, un progetto di studio o lavoro, di indipendenza personale, e la determinazione per raggiungerlo. A salvare me è stato proprio questo: il sogno di studiare da giornalista.

F.F. :Ragioniamo sul concetto di pari opportunità: parole piene, vuote o...

B.R. :Parole piene, pienissime, e piene di fatti. I tempi sono maturi per trasformare il tema della parità da tema di giustizia sociale a tema di sviluppo economico. È l’Europa a chiederlo. L’Agenda 2030 fissa infatti come quinto obiettivo per garantire lo sviluppo sostenibile quello del raggiungimento effettivo della parità di genere e l’Italia, con il Ministero per le pari opportunità, ha cominciato ad adeguarsi varando la Strategia nazionale per la parità di genere.

I segnali del cambiamento ci sono, anche da noi, dove aumentano le donne imprenditrici. Il 21% del PIL italiano - 308 miliardi di euro - è prodotto dalle imprese in “rosa”. Le donne insomma non solo sono un valore, lo creano. Ed è un valore quantificabile. Le imprenditrici sono 2,1 milioni, pari al 28% del totale degli imprenditori.

In magistratura, le donne, nel 2022, hanno superato gli uomini: su un totale di 9.576 magistrati, 4.293 sono i maschi, e 5.283le magistrate di sesso maschile( pari al 55% circa).

Nel Ssn le donne medico sono il 54% del totale. E più donne occupano posti in politica: dal 2013 si registra infatti un’inversione di tendenza. La media complessiva della presenza femminile nel Parlamento italiano, storicamente molto al di sotto della soglia del 30%, considerato valore minimo affinché la rappresentanza di genere sia efficace, è salita dal 19,5 al 30,1 per cento dei parlamentari.

I recruiter poi ricercano le donne per la loro capacità di relazione e di gestione della complessità,

Inoltre è appena entrata in vigore la legge sulla parità salariale che, tra le altre cose, introduce sgravi fiscali alle aziende che ottengono la certificazione della parità di genere.

Infine sempre più investitori guardano con più favore alle aziende che attuano politiche di inclusione e anche negli appalti pubblici si iniziano a introdurre requisiti di parità di genere.

Il Gender Equality Index - il documento diffuso ogni anno a ottobre dall’Eige (Istituto Europeo per l’Eguaglianza di Genere) - nel 2022 e 2023 ha registrato un miglioramento per tutta l’Europa, in particolare per l’Italia. È vero, siamo ancora una volta fanalino di coda nella parità di genere, con un indice pari a 68 (su un massimo di 100) contro il 75,7 della Francia, il 76,4 della Spagna e il 77,9 dell’Olanda. Ma, rispetto all’edizione precedente, abbiamo guadagnato più di due punti. Dobbiamo accontentarci? Sono piccoli passi? Sì, sono piccoli passi verso un cambiamento che ha bisogno di tempo.

F.F.:Una domanda che può sembrare retorica ma che, in realtà, ci pone ad un bivio a cui riuscire a svoltare insieme: quanto resta da fare e soprattutto,

cosa, secondo te?

B.R.: La lista è lunga, Federica, sei sicura di volerla ascoltare? Di spunti io ne ho molti, tutti tratti da incontri, interviste e articoli che ho scritto,

anche grazie all’associazione di cui faccio parte, ArcoDonna, non a caso un’APS per le pari opportunità.

Dunque, il punto di partenza dev’essere il fatto che la parità di genere deve passare dall’essere solo un tema di “giustizia sociale” buono per social e influencer,

a tema di sviluppo economico.

Occorre attuare in fretta il piano asili nido, contenuto nel PNRR, al fine di garantire una maggiore offerta di servizi per i bambini da 0 a 3 anni di età.

E occorre rendere obbligatori questi asili nido per le grandi aziende con stabilimenti e uffici.

E per queste aziende, occorre istituire sgravi fiscali, ma anche alle famiglie per le baby sitter o le badanti, per finire con la detassazione di beni necessari

tipo pannolini e prodotti per la prima infanzia (anche se per ora il Governo ha fatto il contrario).

E che dire del congedo obbligatorio parentale per i padri?

Sarebbe fondamentale estenderlo anche ai lavoratori autonomi, e alle stesse condizioni della maternità.

E per quei padri che estendono il congedo di paternità oltre il limite minimo previsto per legge per ulteriori mesi aggiuntivi, ci vorrebbe un bonus Bebè

o un Assegno Unico ad hoc.

Ne parliamo da anni, ma un’altra misura per sgravare le donne dal peso della cura, e facilitarle quindi nel lavoro, sarebbe l’estensione dell’orario e

del periodo scolastico, sia tramite lezioni curricolari sia con servizi scolastici estivi (ad es., visite scolastiche, centri estivi STEM,

attività di laboratorio di scienze, musica, teatro, cinema).

Ricordiamoci poi che più donne in politica non vuol dire per forza più parità di genere.

Occupare molti seggi non basta, anche se è certamente un passo avanti e in certi casi una conquista.

Ci sono Paesi in cui le parlamentari contano così poco che la parità di genere nella loro composizione ha poca influenza sulle politiche nazionali; altri in cui, nonostante si sia andati vicini alla parità a livello quantitativo,

le posizioni di potere più importanti – i capi di stato e di governo, o i principali ministeri – hanno continuato a essere occupati sistematicamente da uomini;

altri Paesi ancora in cui, nonostante la presenza di donne in posizioni importanti, le politiche destinate a fare avanzare i diritti delle donne sono state poche

o inefficaci.

Occorre poi aumentare la presenza delle donne nel digitale e rafforzare la loro consapevolezza rispetto ai propri soldi. Secondo l’Ocse

(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), noi italiane abbiamo il voto più basso nell’Unione Europea in alfabetizzazione finanziaria.

Anche Banca d’Italia conferma il fenomeno, sottolineando il divario di genere tra uomini e donne. Eppure, oggi va invertita la tendenza. La storia lo insegna: nei momenti di crisi si devono stravolgere gli equilibri. Quindi, adesso possiamo diventare protagoniste.

Noi donne temiamo che non siano temi nostri, ma in realtà siamo più studiose dei maschi.

E, secondo la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa), siamo più brave a risparmiare.

Questa è una cosa importante soprattutto per noi donne, perché con l’aumento dell’età media e dei divorzi non possiamo più permetterci di delegare ad altri la gestione del denaro. Siamo noi che più di tutti ci prendiamo cura dei familiari, dai figli ai genitori anziani:

se impariamo a gestire le questioni finanziarie, gli effetti positivi si ripercuoteranno sull’intera società.

Donne e finanza non sono un binomio impossibile, e lo dimostrano figure come Christine Lagarde, che dirige il Fondo mondiale internazionale.

Vorrei che riflettessimo sul fatto che fino a ieri lo Stato ci ha offerto pensioni e un sistema di welfare generoso, ma da ora in avanti dobbiamo pensarci anche noi. Da un’indagine condotta da Global Thinking Foundation (www.gltfoundation.com) emerge che tra le donne che hanno un conto corrente (il 14% non ne ha uno, nemmeno cointestato), il 68% possiede dei risparmi, ma il 56% li lascia sul conto perché non sa come investirli.

Gli studi mostrano che, già da piccole, le femmine sono meno attratte dai soldi. Anche perché i genitori preferiscono darne loro “on demand”, anziché una paghetta da imparare a gestire. Dall’altro, invece, ci sono gli aspetti psicologici, fili sottili che ci trattengono, come una scarsa “financial self-efficacy”, ovvero quell’insicurezza che ci fa credere di non essere all’altezza di occuparci di materie apparentemente complicate come la finanza.

Si dice che le donne, in Italia, siano l’unica maggioranza trattata come una minoranza. Di sicuro non è una minoranza silenziosa, ma di sicuro potrebbe essere rumorosa come in Islanda, dove le donne sono capaci di paralizzare il Paese con le loro proteste. Quindi, facciamoci sentire, ancora di più!


Barbara Rachetti per #noiciamiamo: donne, sognate in grande e prendetevi tutto!


Scritto da: F.F.
Condividi la notizia: