Dietro

06/29/24

Una testimone d'eccezione per #nobodyshaming, Valentina Pelliccia: il problema è sociale.


Una nuova testimonial per #noiciamiamo, ovvero la branchia più attuale in questi giorni di vacanze, quando, in un modo e nell’altro, siamo “costrette” a scoprire il nostro corpo: #nobodyshaming.

Lei, è Valentina Pelliccia, una collega “stupenda” in ogni senso, conosciuta da poco in rete, ma con cui c’è stata subito sintonia specie su una questione, quella del “peso”. Valentina va dritta al punto, ci allerta sulla drammaticità dell’ossessione tutta moderna per il corpo, quando ne parla finalmente nei termini secondo me più consoni, cioè come di un problema sociale.

Ma noi non ci arrendiamo, e andiamo a fondo nel combattere l’ennesimo stereotipo, che ci vuole ingessare. Per “ristabilire il necessario equilibrio, che manca profondamente”.

Conosciamola insieme!


F.F La tua storia di " diversamente magra".

V.P. Ho fatto diverse diete nella mia vita, sempre seguita da un dietologo.

Puntualmente riprendevo i chili persi, come in questo caso.

Finalmente sono arrivata, grazie a un endocrinologo, alla causa principale: sindrome metabolica, che ora è diventata insulino-resistenza.

Così, sono passata da una dieta drastica, essenzialmente proteica, con un peso di 47 kg a un regime alimentare di una persona con dieci chili in più.

Non amo parlare di peso, di misure, di questioni così riservate perché credo esista un pudore personale. Reputo però, dall'altra parte, che sicuramente in questa società dell'immagine sia necessario ristabilire un equilibrio che manca profondamente. Dunque, è importante diffondere alcuni concetti e porre in essere dibattiti.

Il problema non è il chilo di troppo, il problema è di tipo sociale, questione ben più grave.

F.F. Andiamo per gradi: titolo di studio, decisione di diventare giornalista, come e con chi lavori...la tua vita insomma.

V.P. Ho fatto studi giuridici, master in comunicazione, corsi SDA Bocconi e 24 ore business school in comunicazione e relazioni istituzionali, marketing. Sono diventata giornalista e ho scritto per parecchi anni per il quotidiano Il Tempo. Lo ricordo come forse il periodo più bello della mia vita, oltre alla pubblicazione del mio primo romanzo a soli 17 anni.

Il giornalismo ti consente di partecipare a dibattiti, eventi, convegni importanti dal punto di vista sociale e culturale, politico ed economico; ti consente di fare ricerche e approfondimenti e acquisire dunque una conoscenza su tutto.

Ora mi occupo di Comunicazione e marketing in banca. Ma non ho alcuna intenzione di affrontare l'argomento "banca", tasto dolente.

F.F. Quando, esattamente, hai preso coscienza di come e perché si percepisce in maniera negativa un corpo in carne?

V.P. Occorre partire da un presupposto, a prescindere dall'essere in carne o meno.

L'ontologia sartriana del corpo esposta ne "L'essere e il nulla" trova qui una sua verifica empirica: il nostro corpo è sempre visto, non può evitare di essere sottoposto allo sguardo dell'Altro che ci medusizza fatalmente trasformandoci da soggetti in oggetti. Il nostro corpo non è infatti mai solo nostro. Per diverse ragioni: non abbiamo deciso le sue fattezze, si ammala e muore anche se noi non lo vogliamo. Ma soprattutto è sempre visto dallo sguardo degli altri. Sartre lo aveva messo in rilievo con forza: il nostro corpo è sempre guardato, fotografato, pietrificato dallo sguardo dell'Altro.

Questo concetto è ben spiegato da Massimo Recalcati in un articolo su Repubblica.

L'esibizionismo prima di essere una patologia deriva da questo statuto sempre visibile del corpo. Il nostro corpo è gettato, gioco forza, in una continua esibizione. Si tratta di un esibizionismo che coincide con la vita stessa e che non possiamo evitare in nessun modo ma solo vivere con più o meno gioia o angoscia. Questo statuto necessariamente esposto, esibito, alienato del nostro corpo può però accentuarsi patologicamente. Le insistite diete quaresimali, gli esercizi fitness massacranti, l'ossessione per la propria forma, gli interventi di chirurgia estetica per modellare il corpo adattandolo ai suoi stereotipi sociali ne sono un esempio evidente.

Già Freud aveva messo in relazione l'esibizionismo con l'angoscia di castrazione: mostrare il proprio corpo perfettamente in forma esibendone la bellezza o la forza muscolare sono tentativi per ricoprire un senso profondo di inadeguatezza. L'eccessiva attenzione per la propria immagine, diversamente da quello che si può credere, non denuncia tanto il narcisismo del soggetto, ma una sua ferita che esige di essere compensata. Questi soggetti per esistere devono conformarsi all'ideale che lo sguardo dell'Altro gli impone come normativo.

Quindi, non solo osservare la società ma i miei studi mi hanno permesso di capire come viene percepito un corpo "in carne".

In base alla mia personale esperienza, varie volte sono stata vittima di bodyshaming e sempre da uomini paradossalmente parecchio bruttini e in sovrappeso.

Come se il discorso della forma fisica perfetta riguardasse solo noi donne e non gli uomini. Ci vogliono magre e belle ma loro non si guardano allo specchio. E da qui potrei iniziare a trattare l'argomento della "donna trofeo da esibire" per colmare vuoti interiori o del narcisismo (come accennato sopra) ma rischierei di andare fuori tema.

Una sera ero a cena con una mia amica giornalista e persone non di mia conoscenza. Un uomo più adulto e con una pancia piuttosto pronunciata mi ha offesa davanti a tutti dicendomi di dimostrare più anni di quelli che ho, di essere in sovrappeso, ridendo.

Io non ho perso garbo neanche in quella occasione, ho sorriso anche se ero interdetta e ho risposto: "è il peso della cultura, quello che Lei non ha".

Però poi la sera, a casa, nel mio letto ho pianto tantissimo.

F.F. Hai già lanciato personali campagne in proposito?

V.P. No, purtroppo non l'ho ancora fatto. Vorrei ma non saprei da dove iniziare.

F.F. Cosa ti ha spinto ad aderire a #noiciamiamo

V.P. #noiciamiamo è fondamentale proprio per i motivi che ho elencato sopra, per tentare di spostare il focus malato della donna oggetto alla donna "soggetto", dalla donna quasi "divisa in parti/pezzi di carne" detto volgarmente (il seno, il lato b) alla donna completa in grado di amarsi e farsi rispettare anche se non ha canoni corrispondenti a quelli imposti dalla società (e anche dal mondo dei social, aggiungerei). Per questo, è importante diffondere tali concetti soprattutto sul web, sui social, perché oggi vengono seguiti più della tv. Ormai la tv non la guarda più nessuno, nessun giovane.

Ci dobbiamo amare e questo non significa lasciarsi andare ma pensare a stare bene con il corpo, con la mente e la salute a prescindere dagli altri.

Fare diete per gli altri non è la scelta saggia. Bisogna recuperare una serenità, un equilibrio, la forma fisica che vogliamo grazie a un nostro equilibrio personale e non di certo per piacere agli uomini, per carità.

Una testimone d'eccezione per #nobodyshaming, Valentina Pelliccia: il problema è sociale.


Scritto da: Federica Ferretti
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