Dietro
Una testimone d'eccezione per #nobodyshaming, Valentina Pelliccia: il problema è sociale.
Una nuova testimonial per #noiciamiamo, ovvero la branchia più attuale in questi giorni di vacanze, quando, in un modo e nell’altro, siamo “costrette” a scoprire il nostro corpo: #nobodyshaming.
Lei, è Valentina
Pelliccia, una collega “stupenda” in ogni senso, conosciuta da poco in
rete, ma con cui c’è stata subito sintonia specie su una questione, quella del “peso”.
Valentina va dritta al punto, ci allerta sulla drammaticità dell’ossessione
tutta moderna per il corpo, quando ne parla finalmente nei termini secondo me
più consoni, cioè come di un problema sociale.
Ma noi non ci
arrendiamo, e andiamo a fondo nel combattere l’ennesimo stereotipo, che ci
vuole ingessare. Per “ristabilire il necessario equilibrio, che manca
profondamente”.
Conosciamola insieme!
F.F La tua storia di " diversamente
magra".
V.P.
Ho fatto diverse diete nella mia vita, sempre seguita da un dietologo.
Puntualmente
riprendevo i chili persi, come in questo caso.
Finalmente sono
arrivata, grazie a un endocrinologo, alla causa principale: sindrome
metabolica, che ora è diventata insulino-resistenza.
Così, sono
passata da una dieta drastica, essenzialmente proteica, con un peso di 47 kg a
un regime alimentare di una persona con dieci chili in più.
Non amo parlare
di peso, di misure, di questioni così riservate perché credo esista un pudore
personale. Reputo però, dall'altra parte, che sicuramente in questa società
dell'immagine sia necessario ristabilire un equilibrio che manca
profondamente. Dunque, è importante diffondere alcuni concetti e porre in
essere dibattiti.
Il problema non è il chilo di troppo, il problema è di tipo
sociale, questione ben più grave.
F.F. Andiamo
per gradi: titolo di studio, decisione di diventare giornalista, come e con chi
lavori...la tua vita insomma.
V.P.
Ho fatto studi giuridici, master in comunicazione, corsi SDA Bocconi e 24 ore
business school in comunicazione e relazioni istituzionali, marketing. Sono
diventata giornalista e ho scritto per parecchi anni per il quotidiano Il
Tempo. Lo ricordo come forse il periodo più bello della mia vita, oltre alla
pubblicazione del mio primo romanzo a soli 17 anni.
Il giornalismo ti
consente di partecipare a dibattiti, eventi, convegni importanti dal punto di
vista sociale e culturale, politico ed economico; ti consente di fare ricerche
e approfondimenti e acquisire dunque una conoscenza su tutto.
Ora mi occupo di
Comunicazione e marketing in banca. Ma non ho alcuna intenzione di affrontare
l'argomento "banca", tasto dolente.
F.F. Quando,
esattamente, hai preso coscienza di come e perché si percepisce in maniera
negativa un corpo in carne?
V.P. Occorre
partire da un presupposto, a prescindere dall'essere in carne o meno.
L'ontologia
sartriana del corpo esposta ne "L'essere e il nulla" trova qui una
sua verifica empirica: il nostro corpo è sempre visto, non può evitare di essere
sottoposto allo sguardo dell'Altro che ci medusizza fatalmente trasformandoci
da soggetti in oggetti. Il nostro corpo non è infatti mai solo nostro. Per
diverse ragioni: non abbiamo deciso le sue fattezze, si ammala e muore anche se
noi non lo vogliamo. Ma soprattutto è sempre visto dallo sguardo degli altri.
Sartre lo aveva messo in rilievo con forza: il nostro corpo è sempre guardato,
fotografato, pietrificato dallo sguardo dell'Altro.
Questo concetto è ben spiegato da Massimo Recalcati in un articolo su
Repubblica.
L'esibizionismo prima di essere una
patologia deriva da questo statuto sempre visibile del corpo. Il nostro corpo è
gettato, gioco forza, in una continua esibizione. Si tratta di un esibizionismo
che coincide con la vita stessa e che non possiamo evitare in nessun modo ma
solo vivere con più o meno gioia o angoscia. Questo statuto necessariamente
esposto, esibito, alienato del nostro corpo può però accentuarsi
patologicamente. Le insistite diete quaresimali, gli esercizi fitness
massacranti, l'ossessione per la propria forma, gli interventi di chirurgia
estetica per modellare il corpo adattandolo ai suoi stereotipi sociali ne sono
un esempio evidente.
Già Freud
aveva messo in relazione l'esibizionismo con l'angoscia di castrazione:
mostrare il proprio corpo perfettamente in forma esibendone la bellezza o la
forza muscolare sono tentativi per ricoprire un senso profondo di
inadeguatezza. L'eccessiva attenzione per la propria immagine, diversamente
da quello che si può credere, non denuncia tanto il narcisismo del soggetto, ma
una sua ferita che esige di essere
compensata. Questi soggetti per esistere devono conformarsi all'ideale che lo
sguardo dell'Altro gli impone come normativo.
Quindi, non solo
osservare la società ma i miei studi mi hanno permesso di capire come viene
percepito un corpo "in carne".
In base alla mia
personale esperienza, varie volte sono stata vittima di bodyshaming e sempre da
uomini paradossalmente parecchio bruttini e in sovrappeso.
Come se il
discorso della forma fisica perfetta riguardasse solo noi donne e non gli
uomini. Ci vogliono magre e belle ma loro non si guardano allo specchio. E da
qui potrei iniziare a trattare l'argomento della "donna trofeo da
esibire" per colmare vuoti interiori o del narcisismo (come accennato
sopra) ma rischierei di andare fuori tema.
Una sera ero a
cena con una mia amica giornalista e persone non di mia conoscenza. Un uomo più
adulto e con una pancia piuttosto pronunciata mi ha offesa davanti a tutti
dicendomi di dimostrare più anni di quelli che ho, di essere in sovrappeso,
ridendo.
Io non ho perso
garbo neanche in quella occasione, ho sorriso anche se ero interdetta e ho
risposto: "è il peso della cultura, quello che Lei non ha".
Però poi la sera,
a casa, nel mio letto ho pianto tantissimo.
F.F. Hai
già lanciato personali campagne in proposito?
V.P.
No, purtroppo non l'ho ancora fatto.
Vorrei ma non saprei da dove iniziare.
F.F. Cosa
ti ha spinto ad aderire a #noiciamiamo
V.P.
#noiciamiamo è fondamentale proprio per i motivi che ho elencato sopra, per
tentare di spostare il focus malato della donna oggetto alla donna
"soggetto", dalla donna quasi "divisa in parti/pezzi di
carne" detto volgarmente (il seno, il lato b) alla donna completa in grado
di amarsi e farsi rispettare anche se non ha canoni corrispondenti a quelli
imposti dalla società (e anche dal mondo dei social, aggiungerei). Per questo,
è importante diffondere tali concetti soprattutto sul web, sui social, perché
oggi vengono seguiti più della tv. Ormai la tv non la guarda più nessuno,
nessun giovane.
Ci dobbiamo amare
e questo non significa lasciarsi andare ma pensare a stare bene con il corpo,
con la mente e la salute a prescindere dagli altri.
Fare diete per
gli altri non è la scelta saggia. Bisogna
recuperare una serenità, un equilibrio, la forma fisica che vogliamo grazie a
un nostro equilibrio personale e non di certo per piacere agli uomini, per
carità.
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